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Il viaggio in Magreb
Alberti rimase sempre profondamente in sintonia con la cultura francese per la quale il rapporto con i Paesi del Nord Africa, con la cultura musulmana costituisce un passaggio formativo quasi obbligato, affrontato come esperienza etica.
A Pontigny Guglielmo aveva stretto amicizia anche con Jacques Heurgon etruscologo poi famoso che viveva e insegnava ad Algeri, con il quale progetta e organizza il viaggio del ’34.
Intraprendere il viaggio in Maghreb vuole dire dimostrare a se stesso e a quelli che ha scelto come suoi interlocutori privilegiati nel suo percorso di auto formazione, di essere capace di sentire gli elementi che caratterizzano quella cultura fino ad allora a lui nota solo attraverso la letteratura e ad allo stesso tempo scoprire un rapporto con una natura nuova.
“E adesso l’Africa. Vecchio mio, non ti dirò che questo: passo il tempo ad assaporare i miei ricordi… Ogni piccola immagine mi riallaccia all’istante in cui avevo tentato di catturare la bellezza fugace, mi riconduce a quella beatitudine immensa, a quella esaltazione così calma e appagante che mi ha propriamente condotto/portato, come si dice dello spirito, che era ‘portato dalle acque’… di quei dieci giorni nel deserto non sopravvive in me che questo sentimento di pienezza ineguagliata. La sera a El Oued, la pace del cielo si dispiegava su tutte le cose, immensa e benedicente… da molto tempo gli dei non mi avevano concesso una tregua così profonda, da molto tempo non avevo sentito lo spirito più chiaro e più leggero”.
(G. Alberti, da una lettera a Jacques Heurgon, Gressoney Saint Jean, 27 luglio 1934)